Le reti di imprese

È di tutta evidenza che l’attuale crisi favorisce quelle aziende presenti nel mercato internazionale, con sbocco verso economie che offrono maggiore crescita e prospettive rispetto a quella italiana, ma che tuttavia vedono la presenza di competitors strutturati e/o aggregati ed organizzati in grado di partecipare alle migliori opportunità offerte.

Va da sé che il “motto piccolo è bello” che caratterizza la dimensione delle PMI italiane, trova la propria ragione d’essere e valorizza la vera ricchezza, solo in un’ottica di aggregazione. Ecco quindi che il legislatore ha introdotto uno strumento proprio al fine di supplire alcune carenze tipiche delle PMI quali la i) limitata capacità di finanziamento, ii) le scarse risorse dedicate alla ricerca & sviluppo, iii) la scarsa propensione alla condivisione della conoscenza e del know-how, ed infine iv) la  scarsa tendenza all’internazionalizzazione; in sintesi favorisce ciò che consente alle PMI di accedere a rapporti altrimenti preclusi.

La normativa

Col D.L. 10 febbraio 2009, n.5 recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi il legislatore ha introdotto la disciplina della rete di imprese, convertito con L. 9 aprile 2009, n.33, poi modificata e implementata con L. 99 del 2009, cosiddetta legge sviluppo.

Attraverso il contratto di rete “più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.

Trattasi di uno strumento flessibile ed adattabile all’idea generatrice, all’opportunità di business che sta alla base, privo di precetti normativi che limitano le imprese nella loro autonomia e autodeterminazione.

In concreto, perché dovrei costituire o far parte di una rete?

La rete si costituisce per serie e ragionate logiche di business finalizzate all’incremento di competitività e innovazione, realizzando – con gli appartenenti alla rete – sinergie di i) costi, ii) canali distributivi (anche esteri), iii) offerte (R&S di nuovi prodotti) ed infine iv) di investimenti.

Posso strutturare liberamente la rete sulla base dell’opportunità di business ipotizzato?

In coerenza col principio della libertà contrattuale su cui poggia la normativa, il contratto di rete può  essere personalizzato sulla base del progetto economico sottostante, del piano industriale, degli obiettivi delle imprese interessate, del livello di coordinamento/collaborazione che si vuole ottenere.

In particolare il contratto può prevedere l’istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto ovvero di singole parti o fasi dello stesso.

Sulla base del livello di complessità formalizzato nell’accordo, si possono distinguere tre tipologie di reti:

  1. RETI LEGGERE: il contratto ha per oggetto lo scambio di informazioni ovvero di prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica, tecnologica, e comunque non prevede la costituzione del fondo patrimoniale comune né dell’organo comune.
  2. RETI STRUTTURATE: il contratto di rete prevede l’istituzione dell’organo comune e/o del fondo patrimoniale comune. Se dotata del fondo la rete ha una denominazione e una sede autonoma; diversamente, se il contratto prevede l’istituzione sia del fondo patrimoniale comune, sia dell’organo comune, ed esercita una attività verso terzi, allora si crea una RETE A REGIME SPECIALE soggetta ad una particolare disciplina (v. di seguito).
  3. RETI SOGGETTO: il contratto ha per oggetto l’esercizio in comune di un’attività di impresa e prevede l’istituzione del fondo patrimoniale comune e dell’organo comune (può essere opportuna anche l’adozione di un modello di governance complesso) ed acquisisce la soggettività giuridica.

Qualora appunto la rete sia dotata di soggettività giuridica, il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante.

E se la rete decide di non costituire l’organo comune?

La nomina dell’organo comune non è un requisito essenziale ai fini della configurabilità del contratto di rete; può, dunque, esistere anche una rete di imprese nella quale l’esecuzione del programma comune sia affidata a un mandatario o a un procuratore che, munito volta per volta dei necessari poteri di rappresentanza, pone in essere le attività e gli atti previsti dal suddetto programma. Per quanto riguarda i poteri di rappresentanza dell’organo comune, esso agisce in rappresentanza della rete unitariamente intesa, quando essa acquista soggettività giuridica.

Qual è il vantaggio della costituzione del fondo patrimoniale comune?

Anche il fondo patrimoniale comune non è un elemento essenziale del contratto di rete. Tuttavia, la sua istituzione è indispensabile ai fini a) del riconoscimento della soggettività giuridica in capo alla rete e b) della fruizione dell’agevolazione fiscale prevista per le imprese “retiste”.

E le agevolazioni fiscali?

E’ prevista una agevolazione fiscale per cui una quota degli utili dell’esercizio destinati al fondo patrimoniale comune potranno non concorrere alla formazione del reddito d’impresa e, sostanzialmente, costituire un beneficio fiscale per le imprese partecipanti alla rete.

Inoltre, con la legge di Stabilità 2013, entrata in vigore il 01 gennaio 2013, è stato introdotto un credito d’imposta per le imprese e le reti d’impresa che investono direttamente in ricerca e sviluppo o affidano attività di tale ambito a Università, Enti Pubblici di ricerca, Organismi di ricerca attività.

Come posso entrare nella rete senza rischiare? Perché dovrei rinunciare alla mia indipendenza?

È importante che le imprese sviluppino una maggiore cultura aggregativa e una capacità gestionale dei processi di rete per far sì che il network abbia le capacità per crescere e rafforzarsi. Ciò potrebbe essere raggiunto per gradi, dando inizio ad una forma di collaborazione leggera (scambio di informazioni, accordi plurilaterali di scambio, etc.) per poi arrivare alle gestione di un’attività commerciale in comune, quando i partecipanti avranno fatto proprio innanzitutto quell’approccio efficace e strutturato, fondamentale per poter partecipare alle operazioni ad alto valore aggiunto. Da ultimo non va sottovalutato l’impatto di affidabilità valutato positivamente dai terzi (es. fornitori ed enti finanziatori).

Concludendo…

Si tratta di uno strumento attraverso cui la singola azienda può organizzare e gestire quelle attività troppo onerose da sostenere quali ad esempio l’attività di i) ricerca & sviluppo, ii) marketing e iii) di sviluppo commerciale in mercati esteri e progetti di internazionalizzazione.

Tutte attività di vitale importanza, ancor di più nell’attuale momento storico.

Articolo pubblicato nella rivista Logyn n.2 Maggio 2013.
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