L’impatto del Coronavirus nel commercio internazionale: è un evento di forza maggiore?

Il 30 gennaio scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha formalmente dichiarato lo stato di emergenza sanitaria di rilevanza internazionale (Public Health Emergency of International Concern) in relazione all’epidemia causata dal c.d. “coronavirus” (anche identificato come “COVID-19”).

Le preoccupazioni della comunità internazionale, tuttavia, non sono solamente focalizzate sugli importanti risvolti per la salute pubblica ma riguardano anche i pesanti riflessi che le misure precauzionali e di contenimento stanno avendo sul commercio mondiale, posto che sono coinvolti alcuni dei più importanti anelli della “supply chain” globale, quali la Cina, l’Italia, il Giappone e la Corea del Sud.

Affiancando le aziende italiane nei diversi business stiamo condividendo, giorno dopo giorno, le sempre più frequenti problematiche legate all’impossibilità per le aziende coinvolte di attuare e proseguire le attività di business.

Un profilo che notiamo particolarmente sentito è infatti il richiamo alla “clausola di forza maggiore” (force majeure clause), invocata non solo dalle aziende cinesi (produttive o commerciali locali) verso le aziende committenti italiane, ma oramai attivata (ad effetto catena) anche da alcune aziende italiane nei confronti dei propri clienti e/o committenti italiani o stranieri.

Il tema è sempre più pressante posto che, secondo i dati pubblicati il 17 febbraio scorso dallo stesso China Council for the Promotion of International Trade, in Cina sono stati rilasciati circa 1.615 certificati governativi comprovanti lo stato di “forza maggiore”, al fine di proteggere le aziende locali da azioni legali e/o richieste di risarcimento del danno da parte dei partner stranieri. Il volume di affari interessato da questi eventi di forza maggiore è stato stimato in circa 109.9 miliardi di yuan (14,40 miliardi di Euro!).

 

Cos’è la clausola di “forza maggiore”?

La clausola di “force majeure” viene solitamente inserita nei contratti internazionali di durata con la particolare funzione di esonerare da responsabilità, per ritardo e/o per inadempimento, la parte che è impossibilitata ad adempiere alle proprie obbligazioni in ragione di un evento di natura straordinaria ed imprevedibile, per tutta la durata di tale evento.

Molto spesso, notiamo, è una clausola sottovalutata dalle aziende, poiché ritenuta un elemento standard o, in generale, percepita come di scarsa utilità pratica.

In realtà, è proprio in eventi straordinari, come l’epidemia di COVID-19, che tale clausola può rivelarsi di grande importanza. In generale l’effettiva applicabilità ed utilità della clausola di forza maggiore dipende da due importanti fattori tra loro interdipendenti:

  • la legge applicabile al contratto;
  • la formulazione della clausola (wording).

 

Attenzione alla legge applicabile!

In assenza di una disciplina standard a livello internazionale, è essenziale individuare la legge (o meglio, l’ordinamento giuridico) chiamato a disciplinare il contratto. A seconda dell’ordinamento individuato le soluzioni al caso concreto si sono dimostrate molto diverse tra loro.

Ad esempio, il richiamo alla legge italiana o cinese (così come per altri ordinamenti di civil law) consente di individuare un riferimento normativo certo (ad es: art 1218 del Codice Civile italiano, art. 117 e seguenti della legge cinese sui contratti, l’art. 79 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili, se applicabile), il quale poi deve essere attentamente verificato nel dettaglio sulla base dell’interpretazione data nel tempo ed in relazione a svariati casi dalle Corti competenti.

Diversamente, se al contratto risulta applicabile la legge inglese o di Hong Kong (o di altri paesi di common law), alcun richiamo alla disciplina integrativa sarà possibile.
Infatti, il diritto dei contratti in tali ordinamenti è governato dal principio di prevalenza assoluta della volontà delle parti, in forza del quale i contraenti saranno vincolati solamente a quanto espressamente indicato nel contratto!

 

Attenzione al wording!

Infatti, a prescindere dalla legge applicabile al contratto, le eventuali soluzioni individuate dovranno essere comunque compatibili con quanto espresso dalle parti nel contratto, ed i n particolare con il wording della clausola in questione.

Così in un caso (vendita di semilavorati per il settore tessile/abbigliamento) una clausola troppo vaga e sintetica non consentiva alle parti di concordare in merito a quali eventi potessero essere ritenuti effettivamente di “forza maggiore”, ed in particolare con riferimento ai ritardi dovuti alle misure di contenimento attuate dal governo cinese.

Al contrario, in un altro caso (installazione di macchinari), la clausola formulata in modo troppo dettagliato rischiava di essere interpretata come “elenco chiuso” e, dunque, con operatività limitata solamente ai precisi eventi indicati (e non altri).

Altro profilo importante riguarda il livello di “impedimento” che la clausola potrebbe prevedere. Alcune versioni da noi esaminate si riferivano solamente ai casi in cui la prestazione risultava “impossibile”, mentre in altre si faceva riferimento ad un più generica “difficoltà”. Va da sé che anche una piccola sfumatura lessicale può, in questi casi, fare la differenza tra la tutela dei propri interessi e il dover sopportare il rischio dell’affare.

 

Conviene invocare l’evento di forza maggiore?

Non sempre invocare l’evento di forza maggiore può essere una mossa azzeccata.

In primis perché l’impossibilità di una prestazione non sempre è assoluta: ad esempio la fornitura di materie prime potrebbe essere comunque possibile se la parte si approvvigionasse in un altro mercato (non interessato dal “coronavirus”), ancorché dovesse sostenere maggiori oneri.

Il venditore che si limitasse a sollevare un evento di forza maggiore potrebbe essere in ogni caso inadempiente agli occhi dell’acquirente!

Oltre a ciò, molte clausole di forza maggiore prevedono la possibilità – per la parte che non subisce l’evento – di terminare il contratto o cancellare l’esclusiva concessa senza conseguenze particolari nel caso l’evento si protragga per un determinato periodo di tempo – peccato che questo sia solitamente molto breve (30 o 60 giorni). Una tale eventualità si rivelerebbe un doppio danno per la parte che subisce l’evento: perdita dell’affare e della relazione commerciale!

 

Invocare dunque la clausola di forza maggiore non sempre si rivela la migliore opzione!

In alcuni casi abbiamo suggerito altri strumenti negoziali, da invocare al bisogno (se presenti) o da inserire nel contratto (se in via di negoziazione), quali la clausola di “hardship”.

Tale strumento, se attentamente valutato e confezionato, consente di limitare la responsabilità di una parte in caso di eccessiva onerosità della propria prestazione, obbligando le parti a ridiscutere i termini economici del contratto e senza provocarne la fine.

 

Conclusione

Siamo a disposizione per analizzare nel dettaglio i rischi e le criticità in ogni rapporto contrattuale e, come spesso diciamo ai nostri clienti, ogni contratto, in essere o di imminente inizio, è unico e ogni azione deve essere ben valutata con visione d’insieme ed in ottica strategica, definendo con precisione le migliori opzioni nell’interesse dell’azienda.

 

 

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