La lettera d’intenti: contratto o semplice dichiarazione?

Intrattenere relazioni commerciali proficue è di fondamentale importanza per l’Azienda che cresce e che intende operare con successo nei mercati nazionali ed esteri. Il successo di tali accordi, tuttavia, dipende spesso dalla loro corretta impostazione, sin dalle fasi preliminari e della trattative. In quest’ottica, nella prassi degli affari si è diffuso l’utilizzo della Lettara d’intenti (Letter of Intent “L.O.I.”), strumento negoziale che permette di fissare aspetti cruciali della trattativa.

Che cos’è la lettera d’intenti e quando utilizzarla

Nelle relazioni che prevedono molteplici attività o più parti, ovvero negli affari complessi (i.e. rapporti di ricerca e sviluppo, Joint Venture contrattuali o societarie, operazioni societarie – M&A, ecc.) l’accordo tra le parti non è di immediata formazione ma giunge solamente all’esito di un iter lento e graduale.
Le trattative, dunque, rappresentano una fase delicata poiché esigenze ed interessi spesso divergenti e devo essere conciliati prima della formalizzazione delle intese.
Se da un lato, infatti, le parti avvertono la necessità di mantenere un’ampia libertà di movimento (ad es. per verificare e/o comparare altre opzioni) dall’altro è imprescindibile operare in un contesto di sicurezza e di correttezza reciproca.
Vero è che l’ordinamento italiano prevede la responsabilità contrattuale ed il principio generale di buona fede negli affari, tuttavia tali istituti non sono riconosciuti in molti ordinamenti statali e diviene essenziale per l’Azienda verificare le intenzioni e la bontà del potenziale partner.
In questo contesto dunque, si è diffuso l’utilizzo della Letter of Intent (“L.O.I.”), strumento negoziale che permette di fissare aspetti cruciali della trattativa – vale a dire i presupposti di ciascuna parte verso l’affare ed i relativi obbiettivi – e di programmarne l’evoluzione.
Oltre a ciò le parti potranno prevedere dei meccanismi di riapertura e/o di revisione degli accordi nel mentre raggiunti, ovvero predisporre delle exit strategies, nel caso in cui l’accordo dovesse risultare svantaggioso, a seguito di elementi sopravvenuti o di ulteriori valutazioni.

Il contenuto della lettera d’intenti

La caratteristica principale della L.O.I. sta nella sua natura di strumento meramente dichiarativo (e, dunque, potremmo dire non vincolante): di regola, infatti, le parti rimangono libere di non concludere l’affare senza che questo comporti particolati conseguenze.
Tuttavia, a seconda dell’assetto di interessi da regolare, le parti possono introdurre precisi obblighi ai quali intendono dare efficacia. A tal proposito, si distinguono varie figure di L.O.I. in funzione del loro contenuto, in particolare:

  • (i.) Lettera d’intenti “semplice” (non-binding): documento programmatico che si limita a fissare, i presupposti e gli obiettivi della negoziazione e ne scandisce modalità e tempistiche;
  • (ii.) Lettera d’intenti binding (o partially binding): documento che, oltre a quanto sopra, contiene alcuni precisi obblighi e conseguenze (i.e. esclusiva, confidenzialità, ecc.)
  • (iii.) Lettera d’intenti che – oltre quanto indicato nei punti i) e ii) – da atto dello stato delle trattative nel mentre intercorse, fissando i punti in merito ai quali l’accordo è già stato raggiunto (detta anche Memorandum of Understanding – M.O.U.);

Quali sono i fattori da considerare nella redazione della L.O.I.

A prescindere dalla regola generale e/o dal nome dato dalle parti al documento, la reale efficacia della L.O.I. deve essere di volta in volta verificata sulla base dell’effettivo contenuto; in base al wording utilizzato, infatti, potrebbero inconsapevolmente sorgere degli obblighi pienamente validi ed efficaci, non inizialmente previsti ed adeguatamente ponderati.

Sovente l’Azienda, nella convinzione di sottoscrivere una semplice dichiarazione d’intenti, conclude invece un accordo pienamente vincolante!
Dunque, essenziale che la L.O.I. rispecchi le effettive esigenze e prospettive di business volute dalle parti.

 

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