Il Barter Deal: fenomeno, problematiche e consigli per un suo utilizzo vantaggioso

Chi opera negli affari internazionali e ha rapporti commerciali con Paesi di nuova industrializzazione (e Paesi in via di sviluppo) può incappare in quello che si definisce un Barter Deal.

Il concetto di “Barter”, traducibile letteralmente in italiano con il termine baratto (ma la figura è solo in parte coincidente con la permuta, di cui all’art. 1552 del codice civile italiano), è certamente meglio comprensibile se calato nel panorama degli “scambi in compensazione”, espressione a sua volta equivalente di quella anglosassone “countertrade” riferibile ad una categoria di schemi contrattuali, in base ai quali le parti si forniscono reciprocamente beni e/o servizi (incluso il know-how). Un corrispettivo dunque che interviene in natura, essendo la contropartita costituita da beni e/o servizi. È altresì possibile parametrare le attribuzioni attraverso un ridotto conguaglio in denaro, anche se si rivela un’ipotesi marginale (detta baratto parziale o barter di seconda generazione) e comunque circoscritta ad una somma esigua. Tali operazioni consentono di concludere scambi commerciali internazionali diretti, altrimenti preclusi dalla mancanza di disponibilità finanziaria da parte dell’impresa acquirente, favorendo così lo sviluppo di affari transnazionali essenzialmente tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo o ad economia pianificata (questi ultimi carenti di risorse valutarie, ma ricchi di materie prime) o che presentano difficoltà di convertibilità monetaria.

Il Barter deal si inserisce in questa cornice di mutuo dare-ricevere, prevedendo – in sintesi – un “esportatore”, che effettua la fornitura primaria, e un “importatore”, che compensa la prestazione con determinati beni in contropartita. E’ certamente uno strumento per mantenere aperti i flussi di import-export (ed ecco comprensibile il suo prezioso valore), un metodo che poggia sulla logica dello scambio bilaterale (solitamente tecnologia in cambio di materie prime), la cui disciplina è regolata da un unico contratto. Gli esempi nella storia non mancano: durante la Guerra del Golfo tra Iran e India è intercorso lo scambio Oil for Food; negli anni 70, nel quadro dei rapporti tra Usa e Urss, il complesso accordo Pepsi-Cola – Stolichnaya prevedeva il singolare trasferimento reciproco di Cola contro vodka e navi russe.

Ciò detto, è necessario conoscere bene questo strumento per intrattenere proficui legami commerciali con i principali poli produttivi (di materie prime  e di prodotti nazionali) e per aggirare gli inconvenienti che possono celarsi dietro la conclusione di un complesso contratto di “Barter deal”.

E’ necessario prestare attenzione ad alcuni profili critici che questa formula di countertrade potrebbe presentare. Tra questi, il fattore temporale: cosa succede se tra le reciproche consegne di beni intercorre un periodo di tempo prolungato? L’instabilità dei prezzi (associata al rischio di inflazione) può giocare un ruolo negativo durante l’attesa della merce promessa, ma non ancora consegnata. Inoltre il barter si caratterizza per la (consueta) previsione del rilascio di una complessa garanzia bancaria a tutela dell’esportatore. Altro dubbio da porsi: i prodotti importati risultano poi spendibili nel paese dell’importatore? Solitamente l’affare concluso riguarda beni di valore equivalente (che pur possono non presentare alcuna affinità merceologica), ma è prudente riflettere sulla loro futura ed effettiva collocazione nel mercato interno.

Considerate queste e molte altre variabili, è importante concludere un barter solo dopo aver sottoscritto un dettagliato accordo quadro. Ecco allora la rilevanza di accordi di diversa denominazione (LOI – Lettera di intenti –, oltre a Memorandum of Understanding, Statement of Principles, Heads of Agreement o Protocol d’Accord), in cui le parti esprimono il reciproco interesse, fissando in sintesi le condizioni, i termini e le modalità dello scambio (per esempio, la possibile variabilità dei prezzi e il pericolo d’inflazione, la conformità delle merci scambiate, criteri per individuare il tasso di cambio tra i prodotti, ecc.).

Considerando quindi i rischi intrinseci legati all’intrattenimento di una tale relazione commerciale con un Paese – controparte – di nuova industrializzazione e Paesi in via di sviluppo, insieme con le criticità attinenti alla struttura stessa del contratto analizzato, appare indispensabile consigliare l’ausilio e la guida di esperti nel settore.

Dunque, per concludere un importante affare, beneficiando di tutti gli effetti positivi, è di fondamentale importanza che tutti gli aspetti legali siano analizzati sin dall’inizio, a partire da una trattativa minuziosamente vagliata, in modo da poter correttamente impostare il deal ed individuare le migliori opzioni nel corso del suo svolgimento.

Al contrario, l’intervento dell’esperto a trattativa già iniziata potrebbe essere tardivo.

 

Contributo inserito nella Newsletter n.3/2017.
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