L’estensione dell’Indicazione Geografica per i prodotti non-agricoli: un nuovo sistema di armonizzazione a livello europeo

È attualmente in corso, a livello europeo, un ampio dibattito riguardo la possibilità di estendere la disciplina della cd. Indicazione Geografica (IG) anche ai prodotti non-agricoli. Con la sigla IG si definiscono tutti quei segni o nomi che vengono apposti su prodotti con una particolare provenienza geografica e che, in ragione di questa, vengono loro riconosciute alcune precise qualità e/o una specifica reputazione. Attraverso l’utilizzo delle IG si ottiene quindi una tutela della proprietà intellettuale legata al prodotto, anche se assolutamente sui generis, in quanto non concessa ad uno specifico titolare, come solitamente accade, ma a tutte le aziende che, nel rispetto di determinati requisiti, producono un determinato bene in una determinata zona geografica. Basti pensare, ad esempio, ai casi delle aziende produttrici di Champagne o del Prosciutto di Parma.

A livello europeo questa speciale protezione non è tuttavia estesa a tutti i prodotti, bensì solamente ad alcuni: prodotti alimentari, prodotti agricoli, vini (anche aromatizzati) o bevande alcoliche. Per gli altri tipi di prodotti manca una tutela omogenea a livello comunitario, benché sia presente una normativa a livello internazionale promossa dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) – all’interno dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) –  recepita secondo modalità differenti dai diversi Stati parte del WTO.

Tali norme consentono di proteggere sia i prodotti agricoli che quelli non-agricoli, imponendo ai Paesi membri, seppur con libertà riguardo gli strumenti applicativi, di tutelare le Indicazioni Geografiche (IG). Ciononostante, ad oggi soltanto alcuni Stati, tra cui quindici Paesi dell’Unione Europea, hanno provveduto ad impostare una disciplina particolare al fine di tutelare i prodotti non-agricoli.

Di conseguenza, i produttori di prodotti non-agricoli, al fine di ricevere tutela, sono costretti ad individuare, nei diversi Paesi, i precisi strumenti di tutela previsti di volta in volta nei vari ordinamenti, sempre se presenti, con conseguente dispendio di risorse e capitali.

La mancanza di armonizzazione delle tutele ha spinto la Commissione, nel luglio del 2014, a redigere un parere sulla possibile estensione della tutela, esaminando la materia ed esponendo le motivazioni, i vantaggi e le possibili modalità di applicazione.

È poi seguita, nell’ottobre 2015, una risoluzione del Parlamento Europeo che invitava la Commissione a redigere una proposta di legge sul punto. Il documento propone di creare un procedimento in due fasi: nella prima le autorità nazionali o regionali dovranno effettuare un controllo per verificare che le caratteristiche non siano oggetto di interferenze, garantendo la genuinità, la qualità e il legame del prodotto con il territorio. Nella seconda fase invece, i soggetti autorizzati (i produttori, le loro associazioni e le camere di commercio) potranno richiedere l’iscrizione in un vero e proprio registro pubblico e centralizzato a livello europeo, conservato e gestito dall’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (UAMI).

I vantaggi derivanti da questo sistema sarebbero notevoli. Non solo, com’è ovvio, per i produttori, che otterrebbero una maggiore tutela contro la concorrenza sleale e la contraffazione, ma anche per i consumatori, i quali riceverebbero una chiara indicazione circa la qualità e la provenienza di un determinato prodotto.

Anche l’Unione Europea in generale potrebbe trarne beneficio in sede di negoziati commerciali con altri Paesi, ad esempio Cina e India, che hanno già previsto una protezione IG dei prodotti non-agricoli, ponendosi in un piano di reciproco riconoscimento dei prodotti tutelati.

Si auspica che, nel breve periodo, la Commissione Europea accolga l’invito del Parlamento Europeo e predisponga il disegno di legge dando il via all’iter di adozione dell’atto legislativo.

 

Contributo inserito nella Newsletter n.4/2015.
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