Il futuro del commercio internazionale sta nella Repubblica del Sudafrica

Dopo l’Asia, il Fondo Monetario Internazionale stima che sarà l’Africa sub-sahariana l’unica macro regione in grado di resistere alla recessione globale ed a far registrare il tasso più elevato di crescita del PIL pari, in aggregato, al 5,4% del 2012, in ulteriore accelerazione rispetto al 5,1% del 2011, sospinto in particolare dal prodotto degli investimenti in estrazione mineraria e petrolifera e dall’intensificarsi dei rapporti commerciali con la Cina, mantenendosi relativamente poco influenzato dall’indebolimento economico internazionale sebbene non completamente immune dalle ripercussioni dei problemi economici in Europa.

Tra questi, nel contesto regionale, il Sudafrica è accreditato come un mercato solido e promettente, con una economia dai brillanti risultati macroeconomici basati su politiche lungimiranti, grazie anche agli sforzi compiuti sul piano sociale. Superata la crisi, con il PIL in espansione verso il 2,8% e 3,4% (dopo l’attestazione del 1,7% nel 2009), un tasso di cambio flessibile e un settore finanziario attrattivo, il Paese evidenzia nuove possibilità di investimento per le aziende straniere, favorite peraltro dalla presenza di un’estesa unione doganale e contemporaneamente dalla facilitazione di accesso al credito e della protezione degli investimenti.

Il Paese infatti è da sempre sostenitore del commercio internazionale, promotore della SACU (Southern African Custom Union) vera e propria unione doganale che raggruppa Paesi vicini quali Namibia, Swaziland, Botswana e Lesotho – culminata nel 2002 in una convenzione – che assicura un’area di libero scambio, ed una regolamentazione tariffaria e doganale condivisa verso i paesi non membri. È altresì membro della Southern African Development Community che riunisce 15 Stati dell’Africa meridionale ai fini di una integrazione economica orientata allo sviluppo, nonché dell’Organizzazione Mondiale del Commercio dal 1° gennaio 1995.

Tutto ciò evidenzia quanto l’adesione ai principi del commercio internazionale agevoli gli investimenti stranieri (in rialzo del +5% nel 2012), supportati dalla normativa nazionale di favore, che bilancia interessi di sviluppo sociale e la rimuneratività economica.

Realtà economica emergente, stato membro del G20 e parte dei BRICS, anche la SACE assegna al paese un grado di rischio basso, data la sua stabilità economica, il ranking mondiale del rapporto Doing Business 2012 colloca il paese al 35° posto posizionandosi peraltro, nelle classifiche degli indicatori di trasparenza e corruzione, davanti all’Italia (Corruption Perceptions Index e Index of Economic Freedom), nel corso del 2011 le esportazioni sono cresciute del 20% e le importazioni addirittura del 36%.

Ciononostante i potenziali rischi sono rappresentati da una disoccupazione che si attesta stabilmente intorno al 23% e che contribuisce ad alimentare il circuito criminale e l’indebitamento delle famiglie. Inoltre il paese sta facendo molto anche per migliorare le possibilità di approvvigionamento di energia elettrica (che allo stato limita la capacità di sviluppo del paese) e le modalità di esportazione verso altri mercati (tempi e costi per l’export dei prodotti).

Tornando agli investimenti, le aziende straniere sono assimilate a quelle locali in quanto non sussistono restrizioni valutarie (fatta eccezione per il settore bancario e automobilistico considerati protetti); sono favorite le iniziative accompagnate da trasferimenti di tecnologia, impiego di manodopera locale e produzione di beni destinati all’esportazione, tenendo ben a mente la presenza di Industrial Development Zones nelle aree costiere, ovvero presso i porti interni, ove i dazi all’esportazione non trovano applicazione.

In tutto ciò l’unica difficoltà riscontrata, sembrerebbe, emergere nel recruiting posto che il reperimento in loco di professionalità particolari o di elevato profilo appare difficile.

Fatta eccezione per i beni di lusso, l’Italia esporta in Sudafrica prodotti petroliferi raffinati, prodotti farmaceutici e macchinari (sia a fini industriali che agricoli) ed importa metalli, specialmente preziosi, avvantaggiandosi le imprese italiane della disciplina offerta dalla Convenzione contro la doppia imposizione fiscale nonché dall’Accordo su promozione e reciproca protezione degli investimenti.

Di interesse per gli investitori italiani sono i settori chimico e farmaceutico, di produzione energetica (eolica e solare grazie a progetti finanziati dalla Banca Mondiale per lo sviluppo) nonché automobilistico con interessanti prospettive per tutta la regione geografica. Non va sottovalutato il settore primario (agricoltura e allevamenti) che concorre per un buon 10% del PIL.

 

Contributo inserito nella Newsletter n.1/2013.
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