La responsabilità del vettore in caso di rapina

Nell’esecuzione di un contratto di trasporto stradale di cose non è, purtroppo, infrequente che il vettore subisca una rapina in conseguenza della quale non è ovviamente in grado di consegnare totalmente o parzialmente le merci in precedenza affidategli.

Si tratta quindi di comprendere quali siano le indicazioni legislative da seguire affinché, in tali ipotesi, il vettore non possa essere ritenuto responsabile per i danni relativi alle merci sottratte in occasione dell’azione delittuosa, il tutto alla luce dell’attuale orientamento giurisprudenziale che tende ad aggravare la posizione del vettore stesso, rendendo più ardua la prova liberatoria.

 

Il quadro normativo e la giurisprudenza

L’art. 1693 comma 1 c.c. sancisce la responsabilità del vettore per la perdita delle cose consegnategli per il trasporto, dal momento in cui le riceve a quello in cui le riconsegna al destinatario, se non prova che tale perdita deriva da caso fortuito.

Il caso fortuito è integrato da quell’accadimento imprevedibile ed inevitabile che provoca il danno nonostante ogni accorgimento o misura preventiva adottata. Si noti che la locuzione “imprevedibile” si differenzia significativamente dal concetto di improbabilità: non sarà quindi sufficiente che il pericolo da cui è scaturita la rapina fosse percentualmente raro e trascurabile, dovendo invece il professionista ragionare sempre in termini estremamente cautelativi.

Fino a un decennio fa, l’orientamento costante della giurisprudenza sul punto riteneva la rapina come fatto sempre imprevedibile ed inevitabile, quindi idoneo ad integrare gli estremi del caso fortuito, liberando perciò da ogni responsabilità il vettore.

La crescita esponenziale della frequenza di tali eventi delittuosi e, soprattutto, la preoccupazione di poter salvaguardare in qualche modo i tanti interessi economici che vengono coinvolti nel trasporto su strada, hanno maturato il progressivo ed oramai consolidato mutamento giurisprudenziale che non considera più la rapina come evento, di per sé, imprevedibile ed inevitabile.

 

La nuova giurisprudenza

Attualmente, quindi, per non incorrere in responsabilità alcuna, è necessario dimostrare che effettivamente, non più in astratto ma in concreto, la rapina subita, per le modalità con cui è stata commessa, è da considerarsi imprevedibile ed inevitabile.

Il vettore, sostanzialmente dovrà dimostrare, gravando sullo stesso il relativo onere della prova, di aver diligentemente adottato tutte le cautele atte ad evitare il rischio della rapina, e quindi che la stessa si è verificata nonostante non si potesse esigere maggior attenzione e prevenzione dei rischi connessi.

A questo punto si rende necessario attribuire, guidati dalla giurisprudenza sul punto, l’opportuno significato a tale dovere di diligenza, rapportato alle fattispecie in cui si consuma il delitto di rapina. Se, infatti, pare principio consolidato quello secondo cui il furto non è nella maggior parte dei casi fatto idoneo ad escludere la responsabilità, nel caso di rapina ricorre anche un elemento aggiuntivo, la violenza o la minaccia, che incide nell’operazione ermeneutica di cui trattasi limitando il dovere di diligenza esigibile dal professionista.

Non può e non viene infatti richiesto al vettore di sottoporre a rischio l’incolumità fisica propria o dei propri dipendenti e ausiliari per la tutela degli interessi patrimoniali legati al carico. In presenza quindi della situazione di pericolo venutasi a creare a seguito della violenza o minaccia (non di qualsiasi entità e genere, bensì solo quelle di una certa serietà), l’interessato non sarà tenuto, se non per scelta personale, a prodigarsi in alcuna condotta eroica tesa a sventare l’azione delittuosa. L’accertamento giudiziale teso a verificare la diligenza del vettore avrà perciò ad oggetto tutti i comportamenti e le scelte dello stesso anteriormente alla condotta delittuosa altrui.

E’ quello infatti il momento in cui il professionista può, in base alle conoscenze e all’esperienza dell’operatore medio di quel settore, astrattamente considerare i pericoli connessi al trasporto lungo un determinato percorso e di conseguenza adottare gli accorgimenti necessari ad evitarli.

A scanso di equivoci va detto che tra i pericoli ipotizzabili ve ne saranno sempre alcuni che, seppur prevedibili, non sono in alcun modo totalmente evitabili. In tali casi non si pretende la neutralizzazione preventiva di quelle situazioni di pericolo nelle quali non v’è modo di incidere, o perché, per esempio, non vi sono alternative o perché le uniche soluzioni adottabili sono talmente complesse e particolari che renderebbero palesemente assurda l’esecuzione del contratto comportando di fatto il rifiuto dell’assunzione dell’obbligazione contrattuale. Quello che invece viene richiesto è che, per quanto ragionevolmente possibile, il vettore assuma una condotta che escluda del tutto i rischi evitabili e riduca i rischi non evitabili al minimo grado di probabilità di verificazione.

Appare chiaro quindi per esemplificare che non sarà esonerato il vettore che lasci incustodita la merce affidatagli, o che non adotti un adeguato sistema di antifurto, o ancora che intraprenda un viaggio da solo o senza scorta in un luogo notoriamente pericoloso, o che scelga un itinerario sottratto al possibile controllo delle forze dell’ordine, o che sosti in zone isolate, o che non doti il proprio mezzo di un sistema d’allarme idoneo per allertare chi di dovere, o infine che esteriorizzi con eccessiva imprudenza il valore delle merci trasportate o gli orari seguiti.

Ci si può domandare se la misura dell’esaminando onere di diligenza vari in rapporto al valore conosciuto delle merci trasportate. Non v’è ancora in giurisprudenza un orientamento univoco sul punto, ma sembra prevalere quello che responsabilizza maggiormente il vettore in caso di valori elevati. Ciò non significa che in caso valori esigui il professionista possa adottare un comportamento superficiale: anzi, la prudenza consiglierebbe un livello di attenzione sempre elevato, volendo questa puntualizzazione solo portare una ancor maggior attenzione nel caso di carichi rilevanti.

 

Conclusioni

Pur non nascondendo delle riserve critiche per un orientamento giurisprudenziale che non tiene debitamente conto delle difficoltà pratiche in cui incorre il vettore che pur diligentemente cerchi di prevenire tali eventi, ad esempio in zone ove le carenze strutturali non rendono possibile una seria prevenzione, è evidente come sia consigliabile una scrupolosa pianificazione aziendale delle misure da adottare per l’esecuzione dei contratti di trasporto, e come sia altresì opportuno prestare particolare attenzione al singolo caso rischiandosi, in difetto, di non considerare adeguatamente tutte le varianti della fattispecie concreta, dato il rilievo che proprio tali circostanze assumeranno in un’eventuale controversia.

Da ultimo, va segnalata la possibilità di pattuire dettagliatamente la disciplina contrattuale in punto di responsabilità del vettore, non essendo prevista dalla normativa dettata in tema di trasporto nazionale stradale di cose (a differenza del trasporto internazionale) la nullità delle disposizioni contrattuali contrarie alle stessa.

 

Contributo inserito nella Newsletter n.6/2008.
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