Impegno spontaneo di riparare il bene difettoso e riconoscimento del debito

Introduzione

Nell’ambito dei consueti rapporti commerciali tra venditore ed acquirente, le contestazioni relative alla presenza di vizi o difetti dei beni compravenduti sono tutt’altro che infrequenti, accompagnate da conseguente pretesa della parte acquirente di ottenere a) la riduzione del prezzo pattuito ovvero in alternativa b) la risoluzione del contratto di compravendita e la restituzione del corrispettivo versato.

Altrettanto frequentemente accade che la società venditrice – onde porre bonariamente rimedio ad una situazione incresciosa capace di incrinare rapporti commerciali da tempo instaurati – si impegni spontaneamente ad eliminare i presunti vizi lamentati, affrontando talvolta costi e spese di rilievo finalizzati per l’appunto ad interventi riparatori nella palese convinzione che ciò possa essere risolutivo del problema evidenziato.

Esperienza dimostra per contro come sovente il compratore sia costretto a contestare nuovamente l’esistenza dei vizi lamentati, con conseguente eccezione del venditore di asserita decadenza del compratore dalla garanzia per tardiva denuncia dei vizi da parte di quest’ultimo.

Ebbene la evidenziata modalità di intervento del venditore può rivelarsi assolutamente e irreparabilmente svantaggiosa per il venditore, alla luce del recente orientamento giurisprudenziale.

 

Il quadro normativo e la giurisprudenza

E’ bene ricordare infatti che nell’ipotesi di contratto di compravendita l’art. 1495 c.c. prevede che il “compratore decade dal diritto alla garanzia se non denuncia i vizi al venditore entro 8 giorni dalla scoperta (…) l’azione si prescrive in un anno dalla consegna“ e “la denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio (…)”

L’orientamento giurisprudenziale sottolineava come il citato comportamento posto in essere dal venditore dovesse costituire tecnicamente una novazione, in quanto il venditore assumendosi l’impegno di eliminare i vizi a) ne riconosceva l’esistenza e b) faceva sorgere una nuova obbligazione, la cui prestazione consisteva appunto nella eliminazione dei vizi lamentati.

La giurisprudenza prevalente sosteneva infatti che l’impegno assunto dal venditore di riparare i vizi della cosa venduta, costituendo un elemento estraneo al contenuto del contratto, determinava una nuova obbligazione (Cass. 19 gennaio 2000, n. 8294, 12 maggio 2000, n. 6089, id, 2000, n. 2497).

Anche la dottrina maggioritaria riteneva che il facere del venditore determinasse in maniera imprescindibilmente il sorgere di una nuova obbligazione sostitutiva di quella precedente.

Secondo tale interpretazione non era quindi possibile – per la parte acquirente – invocare la risoluzione del contratto ovvero pretendere la riduzione del prezzo ex art.1495 cc, potendo semmai quest’ultima avanzare pretesa di risarcimento del danno per inadempimento della nuova obbligazione.

Appare del tutto evidente come tale corrente si rivelasse più favorevole al venditore.

 

La nuova giurisprudenza alla luce della sentenza delle sezioni unite del 2005

La prospettiva esposta ha subito una radicale modifica stante l’intervento della nota sentenza delle sezioni S.U. 21 giugno 2005, n. 13294 che ha definitivamente risolto il contrasto circa la possibilità di ricondurre l’impegno del venditore ad eliminare i vizi della cosa venduta nell’ambito della novazione oggettiva.

Secondo la Suprema Corte “L’impegno assunto dal venditore, di eliminare i vizi della cosa venduta non dà vita, di per sé, ad una nuova obbligazione, sostitutiva dell’originaria obbligazione di garanzia (per la cui estinzione è necessario un accordo delle parti, espresso o per facta concludentia, a ciò rivolto), ma si sostanzia in un riconoscimento del debito interruttivo della prescrizione” (Cass. S.U. 21 giugno 2005, n. 13294).

Il comportamento pertanto del venditore che si dichiara spontaneamente disposto ad eliminare i vizi con interventi riparatori, costituisce ipotesi di riconoscimento del vizio, che impedisce il compimento della prescrizione, a tutto vantaggio questa volta del compratore.

Tanto precisato la società venditrice potrà vedersi condannata alla riduzione del prezzo ovvero alla risoluzione del contratto di vendita e conseguente restituzione del corrispettivo già versato.

Il ragionamento della Suprema Corte a Sezioni Unite, qui esposto, si fonda sul presupposto che l’obbligo assunto dal venditore di rimuovere i vizi insiti nella cosa alienata non rappresenta un quid novi, ma semplicemente un quid pluris, necessario ad ampliare le modalità di attuazione dell’obbligazione. A ben vedere l’impegno del venditore di riparare il bene venduto deve essere inteso quale tentativo, in corso tra le parti, mirante a realizzare il risultato che il compratore si prefigurava di ottenere fin dal momento della conclusione del contratto di vendita e non dà vita ad una nuova obbligazione estintiva – sostitutiva dell’originaria obbligazione di garanzia, sostanziandosi piuttosto in un riconoscimento del debito, interruttivo della prescrizione.

Conseguentemente l’obbligo del venditore di eliminare i vizi che rendano la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, sfocia in un fenomeno novativo solo quando sia accertata, ad opera del giudice di merito, l’esistenza di un accordo tra le parti – anche per facta concludentia – volto ad estinguere l’obbligazione originaria di garanzia e a sostituire la stessa con una nuova, per oggetto e per titolo.

L’impegno del venditore di eliminare i vizi agevola il compratore in quanto permette allo stesso di svincolarsi dai termini di decadenza e dalle condizioni di cui all’art. 1495 c.c. (denunzia entro 8 giorni dalla scoperta e azione in 1 anno dalla consegna) ai fini dell’esercizio delle azioni ex art. 1492 (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo) sostanziandosi tale impegno in un riconoscimento del debito, interruttivo della prescrizione (art. 2944 c.c.: “La prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere”)

In sintesi il risultato a cui la sentenza delle Sezioni Unite qui in commento giunge è rivoluzionaria, in quanto prima di tale intervento la dottrina e la giurisprudenza consolidata avevano sempre sostenuto che laddove il debitore riconosca i difetti della prestazione eseguita ed assuma l’obbligo di eliminarli, si deve individuare una obbligazione nuova e autonoma (quella di garanzia) a) soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale, favorendo di fatto il venditore, nei cui confronti il compratore b) poteva agire solo per il risarcimento del danno in caso di inadempimento della nuova obbligazione.

Ora, invece, la tutela dell’acquirente risulta rafforzata non tanto dalla dilazione dei tempi di prescrizione (superati ora i termine degli otto giorni e di 1 anno), quanto piuttosto dalla possibilità di profittare dell’adempimento “tardivo” del venditore prima dell’esercizio delle azioni indicate dall’art. 1492 cc (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo) con l’effetto per il compratore di posporre la scelta tra a) l’azione per la risoluzione del contratto (azione redibitoria) o quella b) per la riduzione del prezzo (azione estimatoria).

 

Conclusioni

Il venditore che si assume l’obbligo di eliminare i vizi che rendono la cosa inidonea all’uso cui è destinata – magari attraverso una generica comunicazione a suo parere priva di rilievo – di per sé non da vita ad una nuova obbligazione estintiva – sostitutiva dell’originaria obbligazione di garanzia ex art. 1490 c.c., ma permette al compratore di essere svincolato dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1495 c.c. ai fine dell’esercizio delle azioni ex art. 1492 c.c. (risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo) previste in suo favore.

Questo impegno pertanto si concretizza in un riconoscimento del vizio interruttivo della prescrizione.

Allorquando si verificano queste situazioni si suggerisce al venditore di astenersi dal proporre qualsiasi forma di intervento atto ad eliminare il presunto vizio lamentato dall’acquirente, contestando fin da subito la presenza degli stessi e di qualsiasi forma di responsabilità a suo carico.

 

Contributo inserito nella Newsletter n.6/2008.
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