Il nuovo concordato preventivo

Introduzione

Il concordato preventivo è quell’istituto che la legge offre all’imprenditore o alla società che si trovi in stato di insolvenza (e quindi nelle condizioni di essere dichiarato/a fallito/a) onde poter scongiurare la dichiarazione di fallimento, mediante la soddisfazione parziale dei creditori.

Il piano di concordato sottoposto ai creditori deve indicare le concrete modalità operative di ristrutturazione dei debiti e, in ultima analisi, mira ad ottenere la fiducia del mercato continuando la gestione dell’impresa mediante la conservazione dell’amministrazione e la disponibilità dei beni aziendali.

La riforma delle legge fallimentare del 2005 dapprima ed il successivo decreto correttivo del 2007, con decorrenza dal 1° gennaio 2008, hanno introdotto interessanti modifiche.

 

Il quadro normativo e la giurisprudenza

La normativa che disciplina il concordato preventivo è stata profondamente modificata dalla prima riforma della legge fallimentare, introdotta dal c.d. “decreto competitività” (D.L. n. 35/2005 convertito in L. n. 80/2005) ed entrato in vigore il 17 marzo 2005.

Tuttavia dal 1° gennaio 2008 l’istituto del concordato preventivo ha subito una ulteriore modifica ad opera del “Decreto correttivo” (D.Lgs. 169/2007), applicato “alle procedure concorsuali (…) aperte dopo la sua entrata in vigore” ove in particolare introduce una interessante suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei. La citata suddivisione ha lo scopo precipuo di rispettare meglio gli interessi dei creditori nell’ambito della procedura liquidatoria.

 

La procedura

Esaminando più attentamente il ruolo dei creditori interessati alla procedura si osserva quanto segue.

Il Commissario Giudiziale nominato dal Tribunale che ha emesso il decreto che dichiara aperta la procedura di concordato, dopo aver effettuato la verifica dell’elenco dei creditori e dei debitori sulla base delle scritture contabili presentate dal debitore, provvede alla convocazione degli stessi (adunanza dei creditori) mediante raccomandata o telegramma.

L’adunanza dei creditori nella pratica consiste in un’udienza, nella quale si svolge la discussione volta all’esercizio del diritto di voto da parte dei creditori che devono stabilire, con decisione collegiale, se approvare o meno il piano di concordato.

I creditori convocati potranno partecipare personalmente oppure farsi rappresentare da un mandatario speciale, con procura che può essere apposta – senza alcuna formalità – sull’avviso di convocazione.

Nella prassi è frequente che il creditore eserciti preventivamente il proprio diritto al voto compilando l’apposito modulo allegato alla comunicazione avente ad oggetto la convocazione dell’adunanza inviata dal Commissario Giudiziale; in tal modo il creditore sarà esonerato dal partecipare personalmente all’adunanza.

Una volta illustrato da parte del Commissario Giudiziale il piano di concordato, iniziano le operazioni di voto dei creditori chirografari e dei privilegiati.

Per le procedure aperte dal 1 gennaio 2008 il decreto correttivo prevede che, una volta approvato il concordato, il Giudice Delegato debba riferirne al Tribunale il quale fissa un’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del Commissario Giudiziale, disponendo che il provvedimento venga notificato agli eventuali creditori dissenzienti i quali “devono costituirsi almeno 10 giorni prima dell’udienza fissata”.

Dalla lettura della norma sembra emergere un vero e proprio obbligo giuridico per il creditore dissenziente di costituirsi in giudizio a mezzo di un procuratore. Infatti una prima analisi della norma sembrerebbe evidenziare come qualunque creditore dissenziente, per il semplice fatto di aver manifestato un voto contrario all’omologazione del concordato, si veda costretto a costituirsi in giudizio per non incorrere nella declaratoria di contumacia con il rischio, in assenza di validi motivi di opposizione, di vedersi condannato alla rifusione del spese legali.

In realtà la norma deve essere interpretata nel senso che il creditore dissenziente dovrà procedere alla propria costituzione in giudizio nei termini qualora il voto contrario sia accompagnato da valide ragioni di merito che rendono opportuna la opposizione della omologazione del concordato preventivo.

In difetto, il mero fatto di essere un creditore dissenziente non comporta l’obbligo di costituzione in giudizio e, conseguentemente il relativo credito verrà soddisfatto nella misura prevista dalla proposta di concordato una volta raggiunta l’omologazione, senza alcuna preclusione di sorta.

 

Le novità introdotte

Una prima novità rilevante è rappresentata dalla necessaria allegazione al piano di concordato della relazione di un professionista – scelto dalla parte – che attesti la veridicità dei dati aziendali e la pratica attuazione del piano di concordato proposto.

Tale valutazione sulla contabilità e sulla situazione patrimoniale dell’azienda era precedentemente demandata ad un consulente nominato dal Tribunale.

Al Tribunale oggi è per contro sottratta ogni valutazione di merito sulla domanda essendo la relazione del consulente limitata alla verifica della completezza e regolarità della documentazione prodotta e della correttezza della divisione in classi.

Altra importante novità di rilievo è data appunto dalla divisione dei creditori in classi, che integra e modifica la precedente rigorosa distinzione fra creditori privilegiati e creditori chirografari.

Si rammenta che la normativa ante riforma subordinava rigorosamente l’ammissione al concordato preventivo al pagamento del 100% dei creditori privilegiati (ai quali era negato il diritto di voto, fatta salva la rinuncia al privilegio) e del 40% di quelli chirografari, in presenza comunque di maggioranze particolarmente qualificate in sede di votazione.

Ponendo fine ad una accesa discussione dottrinale e giurisprudenziale, per le procedure aperte dal 1° gennaio 2008 il decreto correttivo ha ammesso la soddisfazione parziale dei crediti privilegiati (creditori muniti di diritto di prelazione, pegno ed ipoteca), ammettendo il voto per la parte di credito residua, equiparata quindi al credito chirografario ed introdotto la possibile suddivisione dei creditori in classi secondi criteri omogenei (classi di dipendenti, di istituti bancari, di fornitori particolari, di Enti e Istituti previdenziali, ecc.)

A seconda della formazione delle classi si possono quindi proporre trattamenti differenziati anche senza rispettare la natura del credito.

Tuttavia in caso di formazione di classi, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto in ciascuna classe.

Il concordato può essere egualmente approvato anche se vi è il dissenso di una o più classi di creditori, purché la proposta sia stata approvata dalla maggioranza delle classi, abbia riportato la maggioranza dei crediti ammessi al voto e che il tribunale ritenga comunque che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano essere soddisfatti in modo accettabile.

 

Conclusione

In ultima analisi, il rimedio concordatario oggi registra una maggiore diffusione date le citate novità.

Infatti l’imprenditore che in una situazione di crisi voglia tentare un concordato preventivo può facilmente proporre domanda avvalendosi del proprio consulente ai fini della certificazione della situazione contabile ed economica dell’azienda, proponendo ai creditori una individuata percentuale di soddisfacimento dei crediti stante l’assenza di limiti obbligatori, ben consapevole che il Tribunale invocato provvederà a svolgere una mera funzione certificativa essendo esclusa ogni valutazione nel merito.

Infine la proposta è accolta se approvata dalla maggioranza dei crediti (non più dei creditori).

Trattasi di un istituto rinnovato la cui portata ed il cui impatto si potrà manifestare nel tempo nei prossimi interventi giurisprudenziali.

 

Contributo inserito nella Newsletter n.7/2008.
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