E-commerce: le nuove regole stabilite dal Ministero dell’Industria

Il commercio elettronico e le vendite on-line

Con l’espressione commercio elettronico si intende, comunemente, uno scambio di beni e/o servizi attraverso una rete telematica o informatica. In realtà tale definizione non consente di comprendere appieno le sempre nuove espressioni commerciali, combinate con varie forme elettroniche, sebbene una definizione compiuta ed esaustiva di tale tipo di attività sarebbe riduttiva e non consentirebbe di cogliere l’aspetto più intimo del commercio elettronico e, in particolare, di quello su Internet e del suo continuo divenire. Uno spunto che sottolinea i termini della nozione di “commercio elettronico” ci viene dato dalla definizione inserita nella comunicazione 157/97 della Commissione UE intitolata «Un’iniziativa europea in materia di commercio elettronico» in base alla quale per tale deve intendersi «lo svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica e comprende attività diverse quali: la commercializzazione di beni e servizi per via elettronica; la distribuzione on-line di contenuti digitali; l’effettuazione per via elettronica di operazioni finanziarie e di borsa; gli appalti pubblici per via elettronica ed altre procedure di tipo transattivo delle pubbliche amministrazioni». È possibile, quindi, giungere ad una semplice definizione: è commercio elettronico ogni attività commerciale o transazione che si svolga per via elettronica e che si può manifestare in una delle forme sopra accennate, oppure in altre realizzate comunque attraverso la trasmissione ed elaborazione di dati.

Nella pratica è possibile distinguere il commercio elettronico diretto da quello indiretto:

  1. si definisce commercio elettronico diretto quell’attività commerciale che si svolge interamente on line, avente ad oggetto beni immateriali, che possono viaggiare attraverso le reti telematiche e, quindi, essere distribuiti senza ricorrere alle tradizionali forme di trasporto (ad es. un servizio);
  2. dicasi invece commercio elettronico indiretto, quell’attività commerciale che ha per oggetto un bene materiale, la cui circolazione è incompatibile con la rete Internet. In sostanza questo tipo di commercio consente di combinare elementi on line come l’ordine dei bene, ed elementi off line quale la consegna del bene.

Con riferimento invece all’elemento soggettivo, individuando i soggetti tra i quali le transazioni si svolgono, il commercio elettronico prende la definizione di:

  1. business to business (BB) se tali operazioni si svolgono tra imprese o tra operatori professionali;
  2. business to consumer (BC) se il commercio elettronico sia rivolto ai consumatori finali, dove costoro acquistano beni o servizi dall’impresa on line. Questi sono i casi più numerosi di shopping on line su Internet, ove numerosi sono oramai gli operatori commerciali che vendono al minuto i propri prodotti;
  3. consumer to consumer se l’attività commerciale si svolge tra consumatori finali;
  4. Public Agencies to Business (PAB) dove il commercio elettronico si svolge tra la pubblica amministrazione ed operatori commerciali ed infine
  5. Public Agencies to Citizen (PAC) quale settore molto importante in cui la pubblica amministrazione fornisce agili ed economici servizi elettronici ai cittadini.

La riforma del commercio e le vendite per via telematica

Nel caso in cui un imprenditore volesse ritagliarsi uno spazio virtuale per la sua attività commerciale di vendita al dettaglio, una volta creato il suo sito Web, non potrebbe intraprendere la sua attività on line senza prima aver applicato la disciplina relativa al settore del commercio. Infatti con il Decreto Legislativo n. 114 del 31 marzo 1998 (meglio conosciuto come riforma Bersani) il settore del commercio, alimentare e non alimentare, ha ottenuto una riforma che da tempo gli operatori del settore si aspettavano, ma, per il caso che qui interessa, la problematica relativa al commercio elettronico viene trattata unicamente dall’art.21:

«1. Il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato promuova l’introduzione e l’uso del commercio elettronico con azioni volte a:

  1. sostenere una crescita equilibrata del settore;
  2. di tutelare gli interessi del consumatore;
  3. di promuovere lo sviluppo di campagne di informazione ed apprendimento per operatori del settore ed operatori del servizio;
  4. predisporre azioni specifiche finalizzate a migliorare la competitività globale delle imprese, con particolare riferimento alle piccole e alle medie, attraverso l’utilizzo del commercio elettronico;
  5. favorire l’uso di strumenti e tecniche di gestione di qualità volte a garantire l’affidabilità degli operatori e ad accrescere la fiducia del consumatore;
  6. garantire la partecipazione italiana al processo di cooperazione e negoziazione europea ed internazionale per lo sviluppo del commercio elettronico”
  7. Per le azioni di cui al comma 1 il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato può stipulare convenzioni e accordi di programma con soggetti pubblici e privati interessati, nonché con associazioni rappresentative delle imprese e dei consumatori.»

In realtà, come si può ben vedere, tale disposizione non prevede una compiuta disciplina della materia, non statuendo alcuna modalità di esercizio dell’attività di commercio elettronico, bensì affida al Ministero dell’Industria un ruolo di promozione e diffusione, nel sistema economico del nostro Paese, del commercio elettronico nella sua ampia accezione.

Così, con la circolare n. 3487/C del 1° giugno 2000, il Ministero dell’Industria, considerata la diffusione che sta caratterizzando il commercio elettronico e la necessità di fornire precisazioni al fine di garantire un’uniforme applicazione sul territorio, intende fornire gli elementi interpretativi e la disciplina applicabile all’attività di vendita tramite mezzo elettronico, definita per l’appunto shopping on line, nei limiti e per gli effetti di cui al Decreto Legislativo n. 114 del 31 marzo 1998, stabilendo una serie di adempimenti a carico di dettaglianti e grossisti.

Prima di passare all’analisi dettagliata delle novità introdotte, è necessario premettere che le disposizioni del decreto n.114/1998, riguardano unicamente i soggetti menzionati dal medesimo che svolgono attività economica concernente l’acquisto di prodotti ai fini della successiva rivendita. Ne consegue pertanto, che tale disciplina non si applica alla figura degli intermediari come gli agenti di commercio, ovvero gli agenti di affari in mediazione, i quali sono tenuti al rispetto delle regole civilistiche, amministrative e fiscali che concernono lo svolgimento di dette attività, a cominciare dall’obbligatoria iscrizione ai relativi ruoli tenuti dalla camera di commercio a all’apertura della partita I.V.A. Inoltre l’art.4, nel definire le figure del dettagliante e del grossista, evidenzia il carattere di professionalità nell’organizzazione e conduzione dell’attività: restano, pertanto, escluse dall’applicazione del decreto le attività esercitate in maniera meramente occasionale, fatte salve le diverse indicazioni contenute nella legislazione fiscale. Ai fini dell’attività commerciale, la stessa disposizione normativa individua al 1° comma le due tipologie di attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio, definendo il commercio all’ingrosso “quell’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci per nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti all’ingrosso e al dettaglio, o ad utilizzatori professionali o ad utilizzatori in grande (…)» aggiungendo che detta attività «può assumere la forma di commercio interno, di importazione e di esportazione» (lettera a) e denominando, altresì, quale commercio al dettaglio «l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme speciali di distribuzione direttamente al consumatore finale» (lettera h). Infine lo stesso art.4, comma 1, lettera h richiamandosi alle modalità di vendite per mezzo di apparecchi automatici e presso il domicilio dei consumatori, per corrispondenza o tramite televisione, si riferisce anche a vendite attraverso «altri sistemi di comunicazione», dovendosi intendere, tra questi, le forme di vendita effettuate per via telematica. Il commercio elettronico, ossia effettuato attraverso la rete Internet, rientra tra queste modalità e, si osserva che, ove sia svolto nei confronti del consumatore finale e assuma la forma di commercio interno, è soggetta alla disciplina dell’art. 18 del predetto decreto n.114/1998, contenenti disposizioni a tutela del consumatore.

Da ricordare che uno dei principali effetti che sono stati causati dal decreto legislativo n.114/1998 è stata l’abolizione del REC (Registro Esercenti il Commercio) la cui registrazione rimane un requisito fondamentale per coloro che intendano svolgere attività di somministrazione di alimenti e bevande e la gestione di strutture ricettive. L’art.5 del decreto in parola, nonostante il venire meno del REC, ancora prevede il necessario possesso dei requisiti soggettivi, necessari sia per l’avvio dell’attività che per il proseguimento della stessa. Più in particolare per l’esercizio di attività nel settore merceologico non alimentare, è richiesto il possesso di requisiti morali per coloro che sono i titolari delle imprese individuali, per i soci o gli amministratori nelle società e cooperative e infine per i rappresentanti in Italia di società straniere. Nel caso di esercizio di attività nel settore merceologico alimentare, a tali requisiti morali vanno necessariamente ad aggiungersi precisi requisiti professionali.

Adempimenti a carico del commerciante on-line

Affinché un impresa individuale o societaria possa esercitare l’attività di acquisto per la rivendita ai consumatori finali, attraverso il commercio elettronico, dovranno essere rispettate le seguenti disposizioni:

  1. l’attività è soggetta alla previa comunicazione al comune di residenza dell’esercente, se trattasi di persona fisica o, nel caso di impresa, al comune in cui ha si trova la sede legale della società;
  2. decorsi 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, da parte del comune, l’attività può essere iniziata;
  3. nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti morali per l’esercizio dell’attività di cui all’art.5 del decreto Bersani, nonché il settore merceologico interessato; nel caso di attività relativa al settore merceologico alimentale, il soggetto deve essere in possesso dei requisiti professionali indicati. Il possesso di tali requisiti è necessario anche qualora lo stoccaggio dei prodotti avvenga in un magazzino distante dal luogo dove è in uso il mezzo elettronico;
  4. nel caso di società, la normativa dispone che il possesso dei requisiti è richiesto al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta all’attività commerciale;
  5. la comunicazione di effettivo inizio dell’attività va comunicata alla Camera di Commercio del luogo in cui l’impresa ha sede legale, da farsi entro 30 giorni dall’inizio dell’attività per non incorrere in sanzioni amministrative.

Se trattasi di attività di commercio all’ingrosso (compreso l’import-export) l’inizio dell’attività, per la quale non è richiesta la preventiva comunicazione al Comune, va comunicato all’Ufficio del Registro delle Imprese entro 30 giorni dall’inizio della stessa, così come previsto dalla circolare del Ministero dell’Industria n.3467/C del 28 maggio 1999, demandandosi allo stesso ufficio la verifica della sussistenza dei requisiti richiesti.

 

Distinzione in rete dell’attività al dettaglio e all’ingrosso

Il decreto n.114/1998, all’art.26, comma 2, prevede che, salvo deroghe stabilite dalla Regione, le attività di commercio al dettaglio e all’ingrosso non possano essere esercitate congiuntamente nello stesso locale. La stesso problematica si riflette, parimenti, nel caso di attività commerciale attraverso la rete telematica, perché di fatto l’attività può essere svolta attraverso lo stesso sito Web. La circolare del Ministero dell’Industria n.3487/C del 1° giugno 2000 risolve il problema disponendo che, nel caso di esercizio congiunto di commercio, esercitato per via elettronica in un unico sito, l’operatore che intenda vendere sia all’ingrosso che al dettaglio “è tenuto a destinare aree del sito distinte per l’attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio: in tal modo il potenziale acquirente è messo in condizione di individuare chiaramente le zone del sito destinate alle due tipologie di attività”. 

La normativa a tutela del consumatore

Da ultimo si deve richiamare l’attenzione sugli aspetti riguardanti il contenuto del rapporto di vendita nella tipologia di attività in discorso e, nello specifico, sul rispetto degli obblighi di tutela del consumatore connessi al rapporto contrattuale a distanza.

La circolare del Ministero precisa quanto già ribadito all’art.18 del decreto n.114/1998, richiamando disposizioni poste a tutela del consumatore:

  1. è vietato inviare prodotti al consumatore se non a seguito di precisa richiesta;
  2. è consentito l’invio di campioni di prodotti o di omaggi, senza spese o vincoli per il consumatore.

In particolare poi, si rifà alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 15 gennaio 1992, n.50 in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali e, soprattutto, trovano applicazione le intervenute disposizioni del decreto legislativo 22 maggio 1999, n.185, attuativo della direttiva n.97/7CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza.

Detti decreti infatti contengono specifiche disposizioni atte a disciplinare il rapporto tra impresa e consumatore, nella fase sia precontrattuale che contrattuale, i cui aspetti salienti concernono:

  1. le informazioni per il consumatore: nella presentazione dell’offerta devono essere fornite al consumatore informazioni chiare e comprensibili, in particolare con riferimento all’identità del fornitore e alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio, al prezzo degli stessi, alle spese di consegna e relative modalità, alle modalità di prestazione del servizio e del pagamento, alla durata dell’offerta e tutte le informazioni relative al diritto di recesso;
  2. la conferma scritta delle informazioni: infatti prima o al momento dell’esecuzione del contratto, il consumatore deve ricevere per iscritto, o, su altro supporto duraturo a lui accessibile, la conferma di tutte le informazioni di cui sopra, contenute nell’art.3 del D.Lgs. 185/1999. In questa fase il consumatore ha diritto di ricevere le informazioni sulle condizioni e sulle modalità del diritto di recesso, nonché sulle garanzie commerciali esistenti e i connessi servizi di assistenza;
  3. le modalità di esercizio del diritto di recesso, spese e rimborsi: il diritto di recesso si esercita entro il termine di 10 giorni lavorativi (indicato all’art.5 del D.Lgs. 185/1999) inviando una raccomandata con cui il consumatore comunica o conferma l’esercizio del proprio recesso (della quale va conservato l’avviso di ricevimento). In tal caso sono dovute le sole spese per la restituzione del bene. Il fornitore per contro è tenuto a rimborsare le somme versate dal consumatore a titolo di corrispettivo per l’acquisto del bene.
  4. le modalità di esecuzione del contratto: il contratto, salvo diverso accordo tra le parti, deve essere eseguito entro 30 giorni dal giorno successivo a quello in cui il consumatore ha trasmesso l’ordinazione al fornitore.

Va da ultimo ricordato che il D.Lgs. 185/1999, sostanzialmente richiamato in toto nella circolare del Ministero dell’Industria, prevede agli artt. 12, 13,14 15 alcuni aspetti importanti:

  • l’art.12, fatta salva l’applicazione della legge penale qualora il fatto costituisca reato, prevede una sanzione per il fornitore che contravviene ai dispositivi del decreto o per chi ostacola il diritto di recesso che va da lire 1 milione a 10 milioni;
  • l’art.13 prevede che, in relazioni alle disposizioni del decreto legislativo, possano essere esercitate azioni collettive da parte delle associazioni dei consumatori e degli utenti, legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori;
  • l’art.14, in caso di controversie civili inerenti all’applicazione del decreto legislativo, individua il foro competente, quale, in via esclusiva ed inderogabile, quello del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato.
  • l’art.15, infine, al primo comma, prevede che qualsiasi contratto a distanza richiami espressamente il D.Lgs. 185/1999.

Per concludere quindi, dai chiarimenti introdotti dalla circolare n. 3487/C, il Ministero dell’Industria non ha posto intralci con adempimenti non indispensabili o addirittura più onerosi di quelli tipici del commercio tradizionale. Le disposizioni introdotte, a parere di chi scrive, ben si conciliano con la pacifica evoluzione del commercio elettronico da un lato, che sta vivendo la sua fase di vertiginoso sviluppo in Internet, e la radicata tutela a garanzia del consumatore dall’altro, considerato contraente debole e protetto da eventuali abusi del venditore.

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