Creatività e tutela del know-how: la direttiva comunitaria sulla protezione del know-how riservato

Il made in Italy deve tutto al Rinascimento italiano, allo sviluppo di una nuova cultura artistica e sociale, che sul piano culturale, estetico e architettonico ha messo in moto una competizione creativa senza pari nel mondo. A questo si aggiunga il continuo contatto con le culture dei popoli stranieri. Creatività che tuttavia spesso, per incapacità tutta italiana di fare sistema, non si traduce in forza imprenditoriale vincente o addirittura viene agilmente acquisita dai competitors proprio per la mancata adozione di opportune protezioni e tutele da parte del titolare dei relativi diritti. Se per superare il primo aspetto ci ha pensato il D.L. 10 febbraio 2009 n.5 che ha introdotto la disciplina della rete di imprese (V. articolo Reti di imprese – La normativa e il contratto di rete in Logyn n.2 Maggio 2013), con riferimento al secondo è intervenuto, a livello comunitario, il Parlamento Europeo e il Consiglio con una proposta di Direttiva comunitaria presentata il 28 novembre 2013 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro la loro acquisizione, utilizzo e divulgazione illeciti.

Gli obiettivi della direttiva
Nell’attività aziendale di ricerca e innovazione si sviluppano conoscenze commerciali e tecnologiche strategicamente importanti anche economicamente che spesso non trovano tutela alla stregua dei diritti di proprietà intellettuale e industriale. Tali conoscenze sono importanti per l’innovazione e la competitività delle PMI, e la tutela della riservatezza delle stesse costituisce la base per far prosperare la proprietà intellettuale. Nel linguaggio giuridico le informazioni mantenute riservate allo scopo di preservare un vantaggio competitivo sono definite “segreto commerciale”, “informazioni segrete”, “informazioni commerciali riservate” o “know-how segreto” mentre nel linguaggio imprenditoriale si definiscono “know-how proprietario” o “tecnologia proprietaria”. Con la globalizzazione, l’esternazionalizzazione del lavoro (outsourcing) e il maggiore ricorso alla rete, è aumentato il rischio di appropriazione, utilizzo e divulgazione illecita di segreti commerciali che non trovano un quadro giuridico uniforme di tutela e disciplina nell’Unione Europea. Per far fronte a condotte abusive da una parte e ad una disciplina e tutela frammentaria, poco chiara in tutta l’Unione dall’altra, la Commissione Europea ha deciso per l’armonizzazione della legislazione in materia di segreti commerciali.

I dettagli della direttiva
Innanzitutto le informazioni devono avere un valore commerciale, rimanere riservate e segrete e mantenute tali dal “detentore del segreto” intendendosi per tale sia il proprietario originario che il legittimo concessionario delle stesse. Le “merci costituenti violazione”, vale a dire quelle progettate, fabbricate o commercializzate a seguito di una condotta illecita devono beneficiare in misura significativa del segreto commerciale in questione (art.2). A fronte dell’acquisizione, utilizzo o divulgazione illecita – perché priva del consenso – il detentore del segreto commerciale potrà chiedere procedure e misure provvisorie o cautelari quali ingiunzioni interlocutorie o sequestri cautelativi di merci costituenti violazione (art.5 e art.9). Inoltre sono previsti meccanismi che le autorità giudiziarie dovranno porre in essere al fine di garantire la riservatezza dei segreti commerciali rivelati nel corso del giudizio quali, a titolo esemplificativo, l’accesso limitato ai documenti prodotti, l’accesso limitato alle udienze e la limitazione alla relativa registrazione, la predisposizione di versioni non riservate dei documenti contenenti segreti commerciali e, infine, versioni non riservate delle decisioni giudiziarie (art.8). Dette misure devono garantire la

riservatezza anche in seguito alla pronuncia e per tutto il tempo necessario a che le informazioni debbono garantire il segreto commerciale. I giudici potranno ordinare: (i) il divieto di utilizzazione oltreché di divulgazione del segreto commerciale; (ii) il divieto di produzione, commercializzazione, importazione o stoccaggio e/o uso di merci costituenti violazione; (iii) la distruzione o consegna al detentore originario del segreto commerciale e di tutte le informazioni relative al segreto commerciale acquisto, utilizzato o divulgato illecitamente (art.9).

Tali ordini possono gravare anche sui terzi non direttamente coinvolti nell’acquisizione. Infine il risarcimento del danno sarà necessariamente parametrato ai benefici e vantaggi ingiustamente realizzati ed al lucro cessante subito dalla parte lesa (art.13). Da ultimo, su richiesta dell’attore, potrà essere ordinata la pena accessoria della pubblicazione della decisione sui mezzi di comunicazione, che dovrà comunque garantire la riservatezza del segreto commerciale (art.14).

Conclusione
Oltre agli accordi TRIPS nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio, la proposta di direttiva introduce a livello comunitario una forma di tutela giuridica omogenea che attualmente differisce da uno stato membro all’altro. Se da un lato si auspica che la stessa sia presto adottata così da garantire un’applicazione uniforme delle tutele, nelle more della sua adozione le aziende italiane, le Università e gli Istituti di ricerca dovranno continuare a salvaguardare il proprio Know-how attraverso la redazione di particolareggiati accordi di riservatezza che, oltre a prevedere ogni aspetto, anche con l’ausilio di strumenti offerti dalla tecnologia, siano in grado di dimostrare innanzitutto la riservatezza e la protezione delle informazioni scambiate tali da qualificarsi “segreto aziendale”. Inoltre perché tale tutela sia effettiva è necessario strategicamente vincolare tutte le figure coinvolte avendo altresì a mente il termine temporale di copertura della tutela. Sotto altro profilo, merita evidenziare come la pubblicazione a grande diffusione della decisione, anche in rete o sul sito web, possa rivelarsi estremamente grave per la vita privata e la reputazione aziendale di chi commette l’illecito.

Articolo pubblicato nella rivista Logyn n.09 del marzo 2015.
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