Due anni di garanzia per i beni di consumo

Con il D.Lgs. 2 febbraio 2002, n.24 pubblicato sul supplemento ordinario n.40/l alla Gazzetta Ufficiale dell’8 marzo 2002 n.57 l’ordinamento italiano ha recepito la Direttiva 1999/44/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 riguardante taluni aspetti della vendita dei beni di consumo e delle relative garanzie, introducendo con ciò una nuova disciplina che offre un sistema di garanzie maggiori ad ulteriore protezione del soggetto consumatore.

La disciplina, entrata in vigore il 23 marzo 2002, prevede che la garanzia per i beni di consumo passi da dodici mesi a due anni e che il termine previsto di otto giorni per far valere i propri diritti divenga di due mesi. Inoltre pone a carico del venditore la responsabilità per un periodo di due anni dalla consegna del bene venduto al consumatore nel caso di difformità del prodotto dalle prescrizioni contrattuali. Quest’ultimo dovrà denunciare il difetto entro due mesi dalla scoperta ed il termine per proporre l’azione si prescrive nei 26 mesi successivi alla consegna del bene. Il consumatore non solo avrà diritto alla riparazione o alla sostituzione, senza spese, bensì potrà sempre ottenere una riduzione del prezzo ovvero la risoluzione del contratto qualora il primo rimedio non sia possibile. La normativa, che non si applica agli acquisti effettuati prima della data di entrata in vigore del provvedimento, riguarda tutti i beni di consumo, beni mobili, anche da assemblare, compresi i beni usati. Non riguarda i beni oggetto di vendita forzata, acqua, gas ed energia elettrica.

Le nuove norme si collocano in un disegno di tutela del consumatore che va ad integrare e modificare la disciplina del codice civile, dopo l’articolo 1519, ovvero immediatamente dopo le disposizioni generali relative alla vendita di cose mobili. Il D.lgs 24/2002, attraverso l’introduzione degli artt. 1519-bis – 1519-nonies nella sezione II, del capo I, del titolo III del codice civile, integra infatti quanto già disposto con la legge n.52/1996 che, nel recepire la direttiva 1993/13/Ce, ha introdotto gli articoli da 1419-bis a 1469-sexies nel codice civile.

 

Introduzione

L’Unione europea, quale spazio interno caratterizzato dall’assenza di frontiere interne e dalla libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali ha da tempo preso in considerazione l’obiettivo del raggiungimento di un’integrazione giuridica europea in materia di tutela del consumatore.

Dalla legislazione e dalla giurisprudenza dei diversi Stati Membri è emersa infatti la crescente esigenza di garantire ai consumatori un livello di tutela elevato. In particolare, con riguardo alla libera circolazione delle merci, l’Unione europea ha ritenuto opportuno disporre un livello minimo uniforme di norme in grado di tutelare il consumatore che concluda contratti con soggetti che esercitano un’attività professionale, come pure quel consumatore che effettua transazioni con soggetti privati. L’obiettivo di una attenta protezione del consumatore si inserisce altresì nel più ampio disegno di favorire lo sviluppo della vendita di beni di consumo mediante Internet.

Le iniziative comunitarie volte alla tutela del consumatore in tema di garanzia hanno già trovato espressione in diverse direttive: la n. 374/85/Ce sulla responsabilità del produttore per danno da prodotti difettosi, la n.577/85/Ce in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, la n.13/93/Ce concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e la n.7/97/Ce relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza.

Il processo di rafforzamento della tutela del consumatore sul tema delle garanzia è stato possibile grazie all’adozione, il 15 novembre 1993, del Libro verde sulle garanzie dei beni di consumo e dei servizi post-vendita, frutto di una attenta analisi delle discipline esistenti nei vari Stati membri.

 

Ambito di applicazione

Nonostante l’apparente caratterizzazione settoriale, la disciplina introdotta ha una rilevante portata applicativa in quanto regola una vastissima gamma di vendite e di stipulazioni equiparate. Dal 23 marzo 2002 infatti, la disciplina si applica non solo ai contratti di vendita di beni al consumo, ma anche ai contratti di permuta e di somministrazione nonché quelli di appalto, di opera e più in generale a tutti gli altri contratti (tipici o atipici) comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre quando detti contratti abbiano per oggetto beni di consumo. Tali sono da intendersi qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, tranne i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie, anche mediante delega ai notai; l’acqua e il gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantità determinata e l’energia elettrica.

In particolare per consumatore deve intendersi qualsiasi persona fisica che, nei sopra citati contratti, agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta; per venditore deve intendersi qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i sopra indicati contratti.

Da notare che attraverso tale precisa individuazione dei soggetti coinvolti e dei rapporti indicati dal D.lgs. in parola, si delinea una netta separazione tra la normativa sulla vendita in generale, retta dagli artt.1490 e ss. del codice civile e la nuova disciplina sulla vendita di beni di consumo, retta da disposizioni significativamente diverse. In ogni caso, a tutela del consumatore, le disposizioni sulla vendita in generale operano in via suppletiva anche per i beni di consumo qualora queste si rivelino più favorevoli allo stesso.

 

Conformità

Le principali difficoltà incontrate dai consumatori nelle transazioni interne, nonché transfrontaliere, e come tali, fonte di conflitti, riguardano l’aspetto della non conformità dei beni alle disposizioni contrattuali. Con la nuova normativa, il venditore avrà il preciso obbligo di fornire ai consumatori beni conformi a quanto previsto dal contratto di vendita anche in relazione alle eventuali dichiarazioni pubblicitarie rese, oltre che dal venditore, dal produttore o dal suo rappresentante, nonché ai difetti che possono sorgere da imperfezioni di installazione provocate da carenze nelle istruzioni fornite dal venditore. Si noti che il venir meno del requisito del “difetto” o “vizio” del bene, sostituito da un generico e unitario concetto di “conformità”, finora sconosciuto al nostro ordinamento ma già previsto dall’art.35 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili del 1980, e dalla previsione del diritto del consumatore al ripristino della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione nel caso in cui egli riscontri al momento della consegna un difetto di conformità.

La disciplina, nel tentativo di favorire una applicazione uniforme del concetto, ha previsto una serie di presunzioni. I beni di consumo si considerano conformi al contratto qualora siano idonei all’uso al quale servono abitualmente o conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello. Altresì sono da intendersi conformi quei beni che presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, considerando la natura del bene e le indicazioni sulle caratteristiche specifiche dei beni indicate nella pubblicità e sull’etichetta, fornite al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante. Sono infine da considerarsi conformi quei beni idonei all’uso particolare voluto dal consumatore, esposto o portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e da quest’ultimo accettato anche per fatti concludenti.

 

Responsabilità del venditore e sua esclusione

L’elemento cardine della nuova disciplina consiste nella responsabilità del venditore per ogni difetto di conformità sussistente al momento della consegna del bene.

Il difetto di conformità viene meno, e non si avrà pertanto alcuna responsabilità del venditore, qualora al momento della conclusione del contratto, il consumatore era a conoscenza del difetto o non poteva ignorarlo con l’ordinaria diligenza o infine nell’ipotesi in cui il difetto di conformità derivi da istruzioni o materiali forniti dal consumatore.

Il venditore inoltre è vincolato dalle informazioni rese attraverso campagne pubblicitarie o dalle istruzioni allegate al prodotto salvo che dimostri che non era a conoscenza della dichiarazione e non poteva conoscerla con l’ordinaria diligenza; che le informazioni sono state adeguatamente corrette prima della conclusione del contratto (in modo da essere conoscibili al consumatore) e/o la decisione di acquistare il bene di consumo non è stata influenzata dalla dichiarazione.

Infine la disposizione normativa equipara il difetto di conformità derivante dall’imperfetta installazione del bene di consumo al difetto di conformità del bene quando l’installazione, effettuata dal venditore, è compresa nel contratto di vendita. Tale equiparazione si applica anche nel caso in cui il prodotto, concepito per essere installato dal consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di installazione.

È importante rilevare che nel nostro ordinamento, i difetti sopravvenuti alla conclusione del contratto, anche se preesistenti alla consegna, costituiscono un rischio che grava sul compratore quale proprietario del bene. Il riferimento al momento della consegna del bene, successivo a quello traslativo della proprietà del medesimo, consente una maggiore protezione del consumatore.

 

Diritti del consumatore e possibili rimedi

Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.

In caso di non conformità dei beni al contratto, il consumatore può in primo luogo chiedere al venditore il ripristino gratuito di tale conformità mediante riparazione o sostituzione del bene, a sua scelta. Naturalmente le riparazioni o le sostituzioni dovranno essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non dovranno arrecare inconvenienti al consumatore.

Qualora tali rimedi non siano opportuni, perché impossibili o eccessivamente onerosi in quanto richiedono costi irragionevoli rispetto ad altri rimedi, il consumatore potrà sempre ottenere una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Tali rimedi sono altresì esperibili qualora il venditore non abbia provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine, ovvero la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.

È da considerarsi eccessivamente oneroso quel rimedio che impone al venditore spese irragionevoli tenuto conto del valore del bene senza difetti, dell’entità del difetto di conformità e dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore. Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si dovrà naturalmente tener conto dell’uso del bene.

Inoltre la qualità e le prestazioni che il consumatore può ragionevolmente attendersi dipenderanno dal fatto che il bene sia nuovo oppure usato. La particolare natura dei beni usati ne rende generalmente impossibile la sostituzione e pertanto il diritto del consumatore alla sostituzione non sarà esperibile.

Tuttavia, onde favorire la possibilità di accordi stragiudiziali ed allo scopo di contenere il ricorso al giudice, la norma consente al venditore, una volta ricevuta la denuncia del difetto di conformità da parte del consumatore, la possibilità di offrire al consumatore, a titolo di composizione, qualsiasi rimedio disponibile; sarà quest’ultimo a decidere se accettare o respingere la proposta.

 

Diritto di regresso

Il venditore finale deve poter agire a sua volta contro il produttore, un precedente venditore nella stessa catena contrattuale distributiva o qualsiasi altro intermediario quando è responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di conformità imputabile ad un’azione o ad un’omissione di costoro.

Il venditore finale che abbia ottemperato ai rimedi esperiti dal consumatore, può agire, entro un anno dall’esecuzione della prestazione, in regresso nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili per ottenere la reintegrazione di quanto risarcito al consumatore.

La regolamentazione è rimessa alla legislazione nazionale.

 

Termini, decadenze e prescrizioni

Il venditore è responsabile quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene. La nuova disciplina ha stabilito un termine di due mesi dal momento della scoperta del difetto di conformità entro il quale il consumatore ha l’onere di denunciare al venditore l’esistenza del difetto. Conformemente al disposto dell’art.1495 del codice civile, l’onere della denuncia viene meno in caso di difetti dolosamente occultati dal venditore o dallo stesso riconosciuti. Nel caso di beni usati, le parti possono concordare un limite alla durata della responsabilità del venditore, purché in misura non inferiore ad un anno.

I difetti di conformità che si manifestino entro 6 mesi dalla consegna, salvo prova contraria o incompatibilità con la natura del bene, si presumono già esistenti alla data di consegna.

L’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene. Tuttavia, il consumatore convenuto per l’esecuzione del contratto, se ha denunciato il difetto entro due mesi dalla scoperta e prima del termine di ventisei mesi dalla consegna, può far valere comunque i diritti previsti dal provvedimento.

L’esigenza di differire il termine di prescrizione due mesi dopo la scadenza dei due anni dalla consegna del bene è scaturita dalla necessità di evitare che il consumatore, il quale scopra il vizio proprio in prossimità della scadenza del biennio di responsabilità del venditore, veda nascere nel suo patrimonio un diritto non esercitatile; ciò in quanto il termine per farlo valere potrebbe essere, per la sua brevità, tale da impedirne o da renderne irragionevolmente gravoso il concreto esercizio, se non tale da escluderlo del tutto, ove, come possibile, esso nascesse all’atto stesso della scadenza del biennio dalla consegna.

Da tale disposizione normativa si rileva la differenza con la disciplina dei termini di prescrizione per l’azione volta a far valere i diritti del bene acquistato e, in particolare l’azione di risoluzione per i vizi della cosa venduta. Infatti l’art.1495 c.c. non  fissa alcun limite temporale alla responsabilità del venditore, ma fissa in ogni caso il termine della prescrizione in un anno dalla consegna del bene, purché il vizio sia stato denunciato entro otto giorni dalla scoperta. L’azione per difetto di funzionamento di un bene mobile si prescrive entro sei mesi dalla scoperta, con l’onere di denunciare il difetto entro trenta giorni dalla scoperta (art.1512 c.c.)

 

Garanzia legale e garanzia convenzionale (commerciale)

Il decreto 24/2002, in attuazione della direttiva, disciplina la garanzia commerciale, cioè quella che si aggiunge alla garanzia obbligatoria prevista dalla legge e che viene offerta facoltativamente dal produttore o dal venditore. Tale forma di garanzia, oltre ad essere diventata uno strumento di concorrenza e di pubblicità tra le imprese, ha una notevole importanza per il consumatore. Un esempio di tale tipo di garanzia si rinviene nel nostro ordinamento all’art.1512 del c.c. che disciplina appunto la garanzia di buon funzionamento della cosa venduta rimessa ad una pattuizione espressa tra venditore e compratore.

Considerando pertanto la prassi corrente, nella vendita di alcune categorie di beni, in merito alla garanzia contro qualsiasi difetto che dovesse manifestarsi entro un certo termine, la norma ha  innanzitutto statuito il principio che la garanzia vincola giuridicamente la persona che la offre secondo le modalità stabilite nella dichiarazione di garanzia e nella relativa pubblicità; essa inoltre deve risultare da un documento scritto o da altro supporto duraturo, a richiesta del consumatore, posto a sua disposizione e a lui accessibile.

Infine, onde evitare che la stessa induca il consumatore in errore, ha previsto l’obbligo del contenuto di determinate informazioni. Infatti a partire dal 23 marzo 2002, e a partire dal 1° luglio 2002 sui prodotti immessi nel mercato fino al 22 marzo 2002, la garanzia deve specificare in modo chiaro e comprensibile l’oggetto e gli elementi essenziali necessari per farla valere, compresi la durata e l’estensione territoriale della stessa, nonché il nome o la ditta e il domicilio o la sede di chi la offre; deve essere redatta in lingua italiana, con caratteri non meno evidenti di quelli di eventuali altre lingue.

Deve altresì contenere la dichiarazione che la garanzia lascia impregiudicati i diritti del consumatore previsti dall’ordinamento giuridico. Una garanzia non rispondente a tali requisiti rimane comunque valida e il consumatore può continuare ad avvalersene ed esigerne l’applicazione.

 

Carattere imperativo delle disposizioni

È nullo ogni patto o accordo, anteriore alla denuncia al venditore del difetto di conformità da parte del consumatore, finalizzato ad escludere o limitare, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti al consumatore stesso; nullità che può essere fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata dal giudice.

È disposta altresì la nullità per ogni clausola contrattuale che, prevedendo l’applicabilità al contratto di una legislazione di un paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal decreto in parola, laddove il contratto presenti uno stretto collegamento con il territorio di uno stato membro. Inoltre la disciplina chiarisce che l’esercizio dei diritti del consumatore previsti dal D.lgs. 24/2002 lasci impregiudicati i rimedi già riconosciuti da altre vigenti disposizioni.

Infine il decreto statuisce che le disposizioni introdotte si applicano ai contratti per i quali la consegna del bene al consumatore sia avvenuta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, ad eccezione delle disposizioni in tema di garanzia convenzionale che si applicheranno ai prodotti immessi sul mercato dopo il 30 giugno 2002.

 

Conclusione

È stato introdotto nel nostro ordinamento un sistema di garanzia distinto: da un lato sono rimaste ferme le disposizioni del codice civile in materia di garanzia nella vendita e dall’altro è stata introdotta una disciplina speciale relativa ai contratti del consumatore. Ciò, come visto più sopra, si riflette nell’applicazione di una diversa disciplina in termini di denunzia dei vizi, di decadenza e di prescrizione.

Si noti altresì che in tema di contratto di compravendita, ed in particolare con riferimento alla denunzia dei vizi di beni oggetto di compravendita, è emersa una importante categoria di origine giurisprudenziale di “vendita di aliud pro alio”. Tale vendita è ravvisabile solo nel caso in cui la cosa consegnata sia del tutto diversa da quella contrattata, in quanto appartenente ad un genere merceologico distinto. (Cass. 15 marzo 1995, n.3046). Una delle conseguenze di maggiore rilevanza è l’operatività dei termini di decadenza e di prescrizione in quanto in presenza di “vendita di aliud pro alio” il termine di prescrizione è quello ordinario decennale.

 

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