La graduale riapertura delle attività produttive caratterizza in questo momento non solo l’Italia ma anche tutti gli altri Paesi interessati – chi più, chi meno – dalla pandemia.
Assistiamo quindi alla progressiva ripresa di quegli aspetti del business non strettamente legati alla semplice circolazione delle merci ma che vedono, come componente imprescindibile, la circolazione di persone. Ci riferiamo, in particolare, a tutte le operazioni di verifica di sedi produttive, installazione e “messa in marcia” di impianti e macchinari, che necessitano dell’invio e/o della trasferta di tecnici ed operatori, sino ad ora impedite dalle stringenti misure di prevenzione.
Come abbiamo potuto vedere tali passaggi rappresentano una fase fondamentale per tali tipologie di business poiché solitamente consentono di “sbloccare” le ultime tranche di pagamento e/o di escutere la garanzia bancaria.
Come gestire la progressiva ripresa
Comprensibile quindi che l’azienda abbia ora fretta di portare a termine tali attività, ma attenzione!
Ci sono infatti aspetti molto delicati che devono essere presi in considerazione sin d’ora e che non riguardano solamente elementi contrattuali ma toccano anche la salute dei lavoratori; la lettura dell’art. 42 del Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020 (Decreto Cura Italia), infatti, solleva più di qualche riflessione in merito alla responsabilità aziendale in caso di contagio tra il personale inviato all’estero.
Partendo da questi presupposti, può essere innanzitutto utile tener presente che molti Paesi hanno introdotto misure di prevenzione (ad es quarantena, profilassi, ecc.) per le persone che arrivano dall’estero. Al fine di evitare imprevisti e/o responsabilità personali dei tecnici inviati, potrebbe essere utile prevedere un obbligo in capo al cliente di informare in merito a tali precauzioni ovvero circa la necessità (od opportunità) di provvedere a coperture assicurative, così da organizzare le trasferte in modo sicuro e nel rispetto delle leggi locali.
Anche le misure di prevenzioni previste in caso di rientro in Italia dovrebbero essere attentamente previste e valutate, posto che i maggiori tempi di inattività dovranno essere calcolati nella programmazione del lavoro e delle successive trasferte.
Nondimeno, è chiaro che tali misure incidono direttamente sui tempi di svolgimento dell’attività, che potrebbero risultare più lunghi di quelli preventivati nelle milestone o nel GANTT concordato, e da qui far sorgere responsabilità da ritardo per l’azienda italiana.
Ancora, nell’ipotesi (da scongiurare!) di un contagio avvenuto in corso di trasferta, sarebbe utile prevedere l’obbligo in capo al cliente straniero di assicurare l’assistenza in loco al personale, secondo degli standard che dovrebbero essere definiti con molta precisione.
In generale, anche l’aspetto della ripartizione di eventuali maggiori costi (di alloggiamento, di profilassi, eventuali spese mediche, ecc.) dovrebbe essere affrontato prima che gli eventi si verifichino.
Come vediamo, il panorama internazionale si evolve in molto velocemente e le misure a tutela dell’azienda (e dei lavoratori) devono essere definite con molta attenzione ed approccio strategico.
È quindi essenziale agire nell’immediato e rivedere con attenzione i contratti sottoscritti (ed in via di definizione) per apportare i giusti correttivi e prevenire potenziali criticità.
Per ulteriori approfondimenti:
- Trasferte all’estero del personale aziendale – L’esperto risponde
- Le trasferte del personale all’estero – Focus su Francia e Germania
- Le trasferte all’estero: l’azienda dovrà adottare una strategia risk based per affrontare le molteplici restrizioni all’ingresso e le tematiche connesse alla sicurezza del lavoratore
- Diritto24 – Le trasferte all’estero dopo il lockdown
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